Coding. Linguaggio di programmazione nella scuola primaria: (0) premessa.

Il corso Coding in your classroom now mi ha portato a riflettere ancora una volta su quanto sia importante presentare gli argomenti e i contenuti da trattare in classe in modo stimolante e motivante. Questo problema, certamente, me lo son posta tante volte e tante altrettante volte ho cercato di proporre ai miei alunni nuovi “catalizzatori di attenzione”. In realtà questa esperienza mi sta facendo riflettere sulla mia esperienza da alunna più che da insegnante. Ho studiato linguaggio di programmazione per cinque lunghi anni alle scuole superiori. Nel biennio propedeutico la programmazione era applicata alla matematica e alla fisica mentre nel triennio specialistico ci siamo concentrati sulla programmazione applicata alla ragioneria e alle tecniche bancarie. Scelsi questo particolare corso di studi – che al tempo era innovativo – perché amavo la matematica e perché consideravo il linguaggio di programmazione la nuova porta verso il futuro (e non ci avevo visto male in effetti). Quando ho iniziato a programmare i sistemi operativi erano DOS e UNIX, niente interfacce grafiche, tutto su base nera e led verdi! Ore e ore a elaborare algoritmi che poi venivano trasformati in linguaggio di programmazione (ne abbiamo visti diversi negli anni) e che ci consentivano di impostare programmi in grado di gestire situazioni patrimoniali, merci di magazzino, partite doppie. Niente di più noioso! Per anni non ho fatto altro che detestare le ore di informatica. Eppure, quando mi sedevo alla mia scrivania non potevo far a meno di pensare che la programmazione in realtà fosse molto di più: creatività allo stato puro. Ma nelle ore di informatica a scuola… di creatività non ne intravvedevo neppure l’ombra. Mi chiedo ancora oggi se con un’impostazione diversa se cose avrebbero potuto prendere una piega differente. Da docente che sono diventata son quasi certa di sì! Certo ho imparato tanto, e spesso a scuola sono additata dalle colleghe come “la maestra che risolve i problemi con il computer!”, ma sento che se avessi affrontato in modo più stimolante questa materia – che per anni ho quasi rifiutato – sicuramente ne avrei tratto più giovamento. Dopo il diploma ho sempre lavorato con un computer accanto, sempre. E il fatto che sapessi utilizzare bene il computer mi ha sicuramente permesso di lavorare con maggiore professionalità. Ma è proprio l’aspetto creativo della programmazione che mi è mancato e ancora oggi mi manca.
Questo corso invece ha stimolato finalmente la mia curiosità per il linguaggio di programmazione e l’idea di poterlo proporre ai miei alunni in modo “diverso” rispetto a come è stato proposto a me anni fa diventa per me uno stimolo a fare meglio di quanto faccio solitamente. Così ho iniziato a ragionarci su e, studiando dal materiale a nostra disposizione per il corso, rispolverando vecchi libri di informatica e rimescolando tutto con il mio modo di lavorare con la classe, ecco come ho deciso di presentare la lezione.

PS. Dopo la prima lezione del corso, ci è stato chiesto di svolgere un semplice compito d’inizio. Ecco la consegna.

  • Il compito che devi svolgere è composto da due parti: una descrizione sintetica dello scenario nel quale operi e una breve descrizione del modo in cui intendi introdurre il pensiero computazionale. Si tratta di una prima intenzione che ovviamente avrai modo di aggiustare durante il corso.

Io ho risposto così, cercando di mettere brevemente in evidenza le mie intensioni.

  • Più o meno consapevolmente uso il coding da sempre. Ritengo che sia fondamentale coinvolgere i miei alunni nella comprensione, condivisione e “metabolizzazione” delle procedure utilizzate per la risoluzione di situazioni problematiche di qualsiasi tipo e far sperimentare loro quanto ciò che è stato appreso consapevolmente può poi essere riutilizzato e sfruttato in situazioni analoghe. Nel mio percorso utilizzerò sicuramente le nuove tecnologie a mia disposizione e il linguaggio per immagini, senza dimenticare l’aspetto ludico. La motivazione verrà invece attivata cercando di creare in classe una “didattica dello stupore” in cui i bambini avranno l’impressione di imparare proprio dalle loro capacità già acquisite grazie alla consapevolezza dei propri processi mentali.

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