Fare scienze in quinta (9). L’apparato riproduttivo

Dopo il mio post sull’apparato riproduttivo della rubrica “iosperiamochemelacavo” devo ammettere che, alla fine, le cose non sono andate poi così male. Anzi! Forse la lezione sull’apparato riproduttivo è stata una delle più vive e interessanti di tutto l’anno scolastico. Perché? Perché loro avevano molte domande da fare (forse più del solito), perché si è creata una certa confidenza che ci ha permesso di mettere in luce dubbi e paure, perché siamo riusciti a capire che “eravamo tutti nella stessa barca” (e mi ci son messa anche io con loro).

Come ho intavolato il discorso e come sono riuscita a smorzare i “falsi miti” della lezione sull’apparato riproduttivo?

Ho esordito con una domanda-constatazione: “Diciamocelo chiaramente, questa lezione ci mette un po’ in imbarazzo, vero? Ma perché secondo voi parlare di apparato riproduttivo ci imbarazza?” In fin dei conti durante l’anno abbiamo sviscerato pezzo per pezzo il nostro corpo comprendendo come funziona e scoprendo quanti aspetti affascinanti si nascondono dietro il suo perfetto funzionamento. Non ci siamo mai imbarazzati e abbiamo capito che tutti quanti noi funzioniamo allo stesso modo: siamo proprio uguali a prescindere da qualsiasi altra diversità che ci contraddistingue (carattere, fisionomia, carnagione, passioni…). Anche l’apparato riproduttore, che è l’unico apparato che si distingue per genere sessuale, funziona alla perfezione e con uno scopo ben preciso. Ma ci mette in imbarazzo parlarne, perché? I bambini ipotizzano che questa difficoltà a parlarne è forse legata alla questione di essere “maschi” o “femmine”: le ragazze si imbarazzano di parlare di questioni legate al mondo dei ragazzi e viceversa. Qualcuno ipotizza quindi che è una questione di condivisione con qualcuno che forse potrebbe non capire. “Ma tutti quanti noi sappiamo quali siano le differenze tra uomini e donne… parlo proprio di organi genitali. Quelli che fanno la differenza e che anatomicamente ci contraddistinguono“. Questo discorso per noi non è nuovo: quante volte osservando opere d’arte abbiamo osservato nudi maschili o femminili senza imbarazzarci e andando oltre alle “risatine” dei primi momenti. Ne abbiamo discusso tante volte: è una questione di abitudine. Infatti loro non si imbarazzano più e non ridono sotto i baffi. “Ma vi siete mai chiesti perché ci mette in imbarazzo mostrarci nudi o perché arrossiamo notando le nudità altrui?“. Perché è una questione di retaggi culturali. Cosa significa? La nostra società ci ha insegnato che non bisogna mostrarsi nudi e che è di cattivo gusto mostrare le proprie nudità, è vergognoso! Siamo stati abituati a coprirci in determinati contesti e a non vivere naturalmente il nostro corpo, che deve essere coperto. Questo cambia ovviamente da società a società: può diventare taboo mostrare un volto o il ginocchio in alcune parti del mondo mentre in altre mostrarsi nudi è qualcosa di naturale. Racconto la mia esperienza berlinese: mi capita spesso, tornando a Berlino, di vedere gente al parco che prende il sole in mutande oppure veder passeggiare completamente nude le persone al lago nell’indifferenza completa di tutti gli altri. Qualcosa del genere qui sarebbe impensabile, ma perché? Perché abbiamo una cultura diversa. Quindi anche l’imbarazzo e il modo di affrontare certe tematiche è veicolato dalla cultura di appartenenza. “Maestra, è un po’ come quando si parla di differenze tra maschi e femmine come se fossero verità assolute“. Certamente, anche in quel caso è la cultura che fa la differenza. Quante volte abbiamo parlato di stereotipi rendendoci poi conto che creavano solamente problemi e distorcevano la realtà. Ciò che può invece far la differenza, nel modo di concepire la realtà, è la cultura. Conoscere, sapere, esplorare, arricchire il nostro bagaglio culturale, avere punti di vista che si arricchiscono giorno dopo giorno. Tiro fuori dalla mia borsa un libro molto interessante che ho acquistato appositamente per affrontare questo argomento: “Mi piaci! Tutte le risposte alle domande sull’amore e la sessualità“. Libro divertente, ben fatto e sicuramente utile per affrontare alcuni temi caldi. Ho deciso di proporre alla mia classe solo alcuni capitoli, scegliendo quelli che ci serviranno per introdurre sia gli aspetti affrontati sul libro ma anche quelli che invece vengono completamente trascurati ma che sono oggetto di dubbi e curiosità (adolescenza, pubertà, ciclo mestruale, innamoramento). Alcuni capitoli invece li rimando a chi vorrà acquistare il libro e magari sfogliarlo a casa con i genitori. Iniziamo proprio ricollegandoci al discorso appena intavolato: stereotipi e luoghi comuni. Cosa significa “essere maschio” e “essere femmina”? Posto che non amiamo utilizzare questi termini ci dirottiamo subito su “ragazze e ragazzi”. Ci confrontiamo su una serie di luoghi comuni riguardanti l’identità di genere e ci salta subito in mente che i conti non tornano. Questo discorso ci consente di stabilire quel livello di confidenza che ci consentirà di parlare poi naturalmente dell’argomento della lezione.

Tutti quanti noi ci infastidiamo quando ci vengono attribuite delle etichette che non hanno fondamento e allo stesso tempo tutti quanti noi ci imbarazziamo a parlare di argomenti come questo. Ma è molto meglio parlarne insieme, anche da un punto di vista scientifico, piuttosto che avere informazioni errate da chi magari pensa di saperne di più e invece inventa di sana pianta. “Infatti maestra ci sono ragazzini che raccontano cose non vere oppure complicano le cose facendoci venire dei grossi dubbi o delle paure!” E così si apre il sipario dei luoghi comuni del “come nascono i bambini”, dei “dolori mestruali” a tutti i costi, della gravidanza come assenza di ciclo a prescindere (“Maestra, quando mi capiterà di avere un ritardo nel ciclo vorrà dire che sono incinta?” e io lì a spiegare che non è affatto così e che anzi, nei primi anni in cui arriva il ciclo mestruale, capita spesso che il ciclo salti o non sia regolare quindi non ci si deve allarmare). Sul ciclo mestruale anche i ragazzi hanno delle curiosità: vogliono sapere se si soffre, cosa accade e perché. Alcune bambine condividono informazioni che hanno già appreso da casa o dalla loro esperienza e i compagni ascoltano rispettosi. Ma cosa accade al corpo delle donne e perché esiste il ciclo mestruale? Affrontiamo allora l’argomento da un punto scientifico: ci siamo. Per farlo propongo i primi cinque minuti di “La riproduzione” da Viaggio nella scienza di Piero Angela. Se questo argomento l’ha proposto lui in prima serata perché non posso farlo io durante l’ora di scienze? A partire dai contributi del filmato, ma anche dall’esperienza maturata in questi anni sulla riproduzione delle piante, constatiamo perché per la riproduzione umana è necessario essere in due (ma qualcuno in classe è ben informato anche sulla riproduzione assistita, ad esempio) e così focalizziamo la nostra attenzione sugli organi genitali e sul loro funzionamento.

dal libro Trattato di anatomia emozionale

Il libro ci aiuta in questo ma sono soprattutto le loro domande che guidano la situazione. Un’occasione buona questa per parlare di pubertà e cambiamento ma anche di emozioni. A tal riguardo vi consiglio un libro bellissimo, suggeritomi da una collega, che ho comprato alcune settimane fa: Trattato di anatomia emozionale. Illustrazioni ad arte, testi divertenti e metaforicamente geniali che ci consentono di fare un viaggio all’interno del corpo umano attraverso le emozioni che ci fanno palpitare il cuore e non solo.

Le domande si susseguono veloci e trovano risposte grazie ai miei interventi ma anche grazie a loro che riflettono insieme e condividono quanto sapevano, credevano di sapere o scoprono nel libro. Si parla di spermatozoi e ovuli, di gravidanza e ciclo mestruale, patrimonio genetico e cambiamenti dettati dalla pubertà. Gli imbarazzi vengono spazzati via dalla sete di conoscenza e quando vediamo insieme il famosissimo video di Quark Il miracolo della vita restiamo tutti senza fiato, qualcuno si commuove. Per me è importante che affrontino i prossimi passaggi della loro crescita in maniera serena e con la consapevolezza di ciò che sarà, sempre nel rispetto di tutti e senza mai aver paura di essere chi sentono di essere, portando avanti con coraggio il loro essere umani nel mondo.

Il quaderno durante questa lezione l’abbiamo lasciato in borsa e ben chiuso: abbiamo preferito guardarci negli occhi, goderci quel clima di confidenze che si crea di tanto in tanto e che è forse la cosa più preziosa che possa germogliare tra i banchi. E dopo questa lezione mi sono davvero sentita orgogliosa delle mie ragazze e dei miei ragazzi di 5^B 🙂

Per saperne di più consiglio anche questo articolo dal sito Vie Maestre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *